Se pensiamo alla parola dieta ci viene forse in mente la serie di cibi ed ingredienti prescritti all’interno di un regime alimentare. Tuttavia, originariamente, la parola dieta derivava dal greco diaita, che si traduce in ‘stile di vita’ e riguarda più che una semplice lista di alimenti.
Riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dall’UNESCO nel 2010, la Dieta Mediterranea accomuna attualmente paesi quali Italia, Spagna, Grecia, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo. Questo riconoscimento vuole attestare l’esistenza e l’importanza dell’insieme delle pratiche culinarie tramandate nel tempo, tradizioni alimentari ben radicate, rituali legati alla produzione, conservazione e consumo degli alimenti, che sono propri dei paesi che li adottano.
Dall’Italia, attraversando il Mediterraneo fino in Marocco, e proseguendo nella sua parte più orientale a Cipro, le modalità di condivisione dei pasti e la convivialità che li caratterizza è un tratto comune. La Dieta Mediterranea tende così a fortificare nel tempo il legame delle comunità con il territorio locale.
Fortunatamente, l’UNESCO non ha mancato di includere il vino nella definizione di Dieta Mediterranea, riconoscendone il valore simbolico e celebrativo per le popolazioni che lo consumano.
In particolare, il concetto di biodiversità celebrato dalla Dieta Mediterranea fa vincere al settore enologico italiano un primato con oltre 80 varietà di vitigni coltivati a fronte di 40 del Portogallo e 15 rispettivamente di Francia e Spagna, principali competitor dell’Italia sul mercato. A fronte di nomi importanti quali Sangiovese (il più coltivato in Italia), Montepulciano e Glera, Baglio Diar si sta dedicando alla riscoperta di alcuni vitigni ‘dimenticati’ creando un connubio tra la tradizione vitivinicola siciliana e la salvaguardia della biodiversità enologica, contribuendo nel suo piccolo alla differenziazione varietale.
Verso la fine del 2022, nelle vigne Diar è stato infatti impiantato un vitigno con una storia antica: il Nocera, la cui coltivazione ha visto una rinascita nei territori siciliani dopo un periodo di abbandono a favore di altri vitigni nazionali ed internazionali. Il tempo e la pazienza ci sapranno mostrare i risultati di questa scelta.
La novità di Baglio Diar per il 2023 sarà invece il Perricone, vitigno a bacca nera originario della Sicilia occidentale. Risalente alla colonizzazione greca del Mediterraneo Occidentale, nel corso del ‘700 e dell’800 il Perricone veniva utilizzato prevalentemente nella produzione del Marsala Rubino e pertanto risultava tra i vitigni più coltivati nelle province di Palermo e Trapani. Con l’epidemia di fillossera di metà ‘800, questo vitigno rischiò in prima battuta di scomparire a causa della sua elevata suscettibilità al parassita, ma riuscì a riprendersi grazie alle elevate richieste di Marsala dei mercati inglese ed americano. Il declino della domanda di Marsala del ‘900 ed i conseguenti espianti del Perricone lo portarono, in tempi più recenti, a ridursi a soli 192 ettari su tutto il territorio siciliano. Solo da una decina d’anni è partito un progetto di recupero di questo antico vitigno, a cui Baglio Diar prende parte con orgoglio. E quindi, con la mente verso un passato di tradizione, ma contemporaneamente verso un futuro di innovazione, il Perricone Baglio Diar andrà ad aggiungersi nel 2023 ai nostri vini da uve autoctone Selene (Grillo 100%), Fantasia (Zibibbo 100%), Dida (Catarratto 100%) e Nedda (Nero D’Avola 100%) della linea Wine Art, presentandosi anche lui in purezza.
Ѐ quindi attraverso un’offerta sempre più varia, che esalta il patrimonio vitivinicolo siciliano così come l’attenzione verso l’ambiente, che a Baglio Diar si incontrano non solo i principi della Dieta Mediterranea ma anche alcuni dei dettami attuali in materia di sostenibilità.
In un contesto fortemente innovativo che guarda sempre di più al futuro, soprattutto in tema di sostenibilità, può essere appagante saper valorizzare nuovamente ciò che in passato non è stato apprezzato, sorseggiando una novità che in fondo non è poi così nuova.